L’Intelligenza Artificiale e il futuro dei giovani nelle organizzazioni
Il dibattito sull’impatto dell’Intelligenza Artificiale nel mondo del lavoro non è più confinato agli specialisti: sono convinto che riguardi tutti noi, ma coinvolga in particolar modo le nuove generazioni che si affacciano ora al contesto delle organizzazioni.
Le recenti previsioni di Dario Amodei, CEO di Anthropic, evidenziano un problema emergente: nei prossimi cinque anni, fino al 50% dei lavori entry-level nei settori white collar potrebbero essere automatizzati.
Una tendenza confermata anche dal report Future of Jobs 2025 del World Economic Forum, che segnala come l’impatto dell’AI riguardi soprattutto le figure di solito ricoperte dai giovani.
Concorda anche Raman di Linkedin: l’intelligenza artificiale sta sostituendo i tipi di lavori che storicamente hanno rappresentato un trampolino di lancio per i lavoratori all’inizio della loro carriera.
Al tempo stesso, secondo un rapporto di SignalFire, le aziende tecnologiche hanno ancora più bisogno di professionisti esperti, avendo aumentato del 27% le assunzioni di professionisti con due-cinque anni di esperienza.
Non tutti gli studi concordano sulla situazione attuale, ma il rapporto fra l’AI e il futuro dei giovani è sicuramente una questione da osservare e gestire con attenzione. Come Chairman & CEO di Altea Federation, credo sia importante affrontare la trasformazione in atto con onestà, lungimiranza e spirito costruttivo.

Core skills in 2025 - Fonte: World Economic Forum
Come l’AI cambierà l’ingresso dei giovani nel lavoro
Negli ultimi decenni, i percorsi di ingresso nelle aziende erano scanditi da uno sviluppo graduale: stage, tirocini e apprendistati che prevedevano attività spesso routinarie e amministrative.
Oggi questi step rischiano di sparire, perché i task più semplici e a basso rischio sono i primi ad essere automatizzati: analisi dati di base, reportistica, gestione di e-mail, scheduling.
I giovani si trovano quindi davanti a una doppia sfida:
- Minor opportunità di “imparare sul campo” attraverso attività operative di minor profilo.
- Necessità di sviluppare competenze distintive fin da subito.
Da un lato, i giovani talenti vedono ridursi le occasioni per entrare nel mondo del lavoro e apprendere gradualmente. Dall’altro, le aziende rischiano di perdere quel “vivaio” che alimentava i futuri middle manager.
Come possono prepararsi i giovani?

Le “metacompetenze” tipicamente umane
Alla luce dei risultati delle ultime ricerche su questo tema, molti esperti consigliano ai giovani di prendere da subito in considerazione la questione e prepararsi di conseguenza.
Demis Hassabis, capo di Google Deepmind e Nobel per la Chimica, suggerisce loro di concentrarsi sugli studi Stem, che forniscono competenze ancora valide, ma anche apprendere le “metacompetenze” tipicamente umane: senso critico, creatività, flessibilità, capacità relazionali, visione multi contesto, “imparare a imparare”.
In questo nuovo scenario, credo che i giovani possano seguire alcuni consigli pratici:
a) Imparare a collaborare con l’AI
Non bisogna temere la tecnologia, ma adottarla pienamente. Conoscere strumenti di automazione, prompt engineering, analisi dati, coding di base e piattaforme collaborative potenzierà i curriculum.
b) Puntare su competenze “non automatizzabili”
Creatività, intelligenza emotiva, problem solving complesso, comunicazione efficace, pensiero critico: queste sono le vere “hard skill” del futuro. L’AI può supportare, ma non sostituire, la capacità di gestire l’incertezza e relazioni interpersonali complesse.
c) Sviluppare una mentalità imprenditoriale
Essere proattivi, flessibili, resilienti e capaci di apprendere in modo continuo sarà fondamentale. La rapidità con cui cambiano i ruoli impone di diventare “lifelong learners”.
Le responsabilità delle Organizzazioni: accompagnare il cambiamento
Sono convinto che in questo nuovo contesto sia responsabilità dei leader scegliere di usare l’AI per sostenere i giovani talenti invece che per sostituirli.
Da alcuni recenti studi in ambito marketing o assistenza clienti, infatti, emerge come i junior possono fare meglio e di più grazie all’aiuto di un chatbot. Inoltre, secondo Raman di Linkedin, i dirigenti stanno continuando a cercare nuove idee dai giovani lavoratori.
Le aziende hanno un ruolo centrale e credo che possano mettere in atto alcune strategie chiave:
a) Ripensare i percorsi d’ingresso
Creare programmi di onboarding orientati al mentoring e alla crescita intensa, affidando ai giovani progetti reali in team misti (umani e AI), fin dal primo giorno.
b) Investire in formazione continua
Offrire upskilling e reskilling mirati su tecnologie AI, soft skill e capacità di leadership, rendendo la formazione una parte integrante del lavoro.
c) Coltivare una cultura dell’innovazione inclusiva
Valorizzare il contributo delle nuove generazioni anche nelle scelte strategiche di adozione dell’AI, facilitando un dialogo intergenerazionale.
Siamo all’alba di una rivoluzione silenziosa, che possiamo scegliere di ignorare o di guidare con consapevolezza.
Essendo coinvolto io stesso nel percorso di adozione dell’AI, sento che sia ora di affrontare la questione congiuntamente: aziende e giovani sono chiamate a collaborare per cambiare i paradigmi di ingresso nel mondo del lavoro, investendo su ciò che ci rende autenticamente umani. Perché, se sappiamo governarla, l’AI non è il nostro sostituto, ma uno strumento per potenziare il nostro valore.
Almeno ancora per un po’ di tempo …
