LEADERSHIP NELL’ERA DIGITALE:
Come diventare un “disruptive leader”
Perché è così importante parlare di leadership in questo momento? Perché tutti ne parlano?
Solo nell’ultima settimana, nel mio feed di Linkedin sono comparsi almeno cinque articoli diversi che affrontano il tema cruciale della leadership. Questo fiorire di argomentazioni non è solo un trend topic, lo leggo come risposta a un senso di urgenza, a un bisogno emerso, alla necessità di guida in questa fase di dinamica trasformazione.
Io allora non parlerò delle qualità di un buon leader, cioè ad esempio della capacità di ascolto, empatia, sensibilità al talento, senso del business, perché le considero la base consolidata su cui costruire un nuovo approccio alla leadership nell’era digitale. Ed è questo di cui parlerò.
The disruptive imperative: la figura del dirigente esponenziale
Lo abbiamo già letto / scritto / raccontato / ascoltato: stiamo vivendo una fase di trasformazione esponenziale, definita “DISRUPTIVE”. Si cominciano a vedere oggi i primi segni di una nuova ondata di tecnologie rivoluzionarie ed è solo l’inizio di un’epoca di innovazione senza precedenti. Queste tecnologie cambiano il modo in cui le aziende si organizzano e funzionano. Ma i primi ad esserne investiti saranno i dirigenti, leader, manager, C-Level, costretti a diventare esponenziali.
Cosa significa? La traduzione in italiano per il termine “disruption” non è letteralmente efficace, non esiste cioè una parola che ne trasmetta appieno il significato di innovazione “devastante”, “distruttiva”, che porta a cambiamenti che rivoluzionano un intero ecosistema. In inglese, “to disrupt” significa “to cause (something) to unable to continue in the normal way; to interrupt the normal progress or activity of something.” Come ben spiegato da Faisal Hoque, imprenditore seriale digitale che ho avuto il piacere di conoscere, la prima qualità del disruptive leader è far sì che qualcosa non possa più continuare a funzionare nel solito modo; essere “leader di rottura”, interrompere cioè la normale progressione o l’attività di qualcosa … per far nascere nuove idee (aggiungo io – NdA).
I leader devono essere pronti e disposti a mettersi completamente in gioco. Occorre integrare il cambiamento nel modus operandi dell’azienda, perché si fa sempre più evidente il passaggio da un mondo prevedibile, in cui la strategia dominante è aumentare l’efficienza, a un mondo di incertezza e sperimentazione, in cui flessibilità e disruption sono i maggiori vantaggi competitivi (citando Salim Ismail in “Exponential Organizations”).
Ecco allora che emerge un’altra caratteristica del management del futuro: amare l’incertezza e saperla governare. Qui sì che la vecchia idea di leadership, quella del “timone saldamente in mano”, ha ancora forza e valore. In un ambiente estremamente competitivo, in continua evoluzione e radicale trasformazione, saper condurre la nave indicando la giusta rotta da seguire è ancora una dote primaria per proseguire il percorso di crescita, per il business e per le persone.
L’intuizione, la capacità di vision e l’istinto personale restano comunque centrali. Poiché il futuro è in grande misura non conoscibile, la maggior parte delle decisioni strategiche dipendono ancora fortemente dall’intuizione. In un mondo di incertezza, il leader usa l’istinto come bussola, meglio ancora se si tratta di una bussola human – tech, cioè aumentata dalle potenzialità delle tecnologie.
Data-driven experimentation: la guida realista attraverso il caos
Le organizzazioni esponenziali, e in generale le aziende che vogliono crescere cavalcando la trasformazione dell’era digitale, stanno introducendo una nuova figura, quella del CDO – Chief Data Officer. Un leader che si concentra sulla gestione dei dati e sull’individuazione delle informazioni processabili internamente in modo rapido, sicuro e in forma immediatamente utilizzabile dai differenti stakeholder aziendali.
Attenzione al dato e fiducia nelle informazioni (generate o raccolte dalle innumerevoli tecnologie di gestione dei processi delle nostre aziende) sono prerogative indispensabili di qualunque leader esponenziale, a partire dal CEO, per avviare processi di disruptive decision-making.
Ecco perché parlo di una bussola human – tech: il “leader ExO”, oltre all’istinto, possiede e sviluppa una sensibilità particolare alle informazioni e alle possibili conseguenze (anche quelle impensabili). Mi spiego meglio: parliamo di Orthogonal Information Effect (Oie), cioè del valore inatteso che si può celare dietro a dati apparentemente marginali.
Ovunque guardiamo, notiamo settori completamente ristrutturati per effetto di cambiamenti spesso derivanti da una quantità, sempre maggiore, di nuovi dati raccolti e interpretati. Se solo pensiamo alla diffusione capillare dei sensori IoT, oppure dei dispositivi wearable, possiamo allenare la nostra mente all’immaginazione di usi alternativi dei Big-Data, fino ad elaborare una nuova idea di business, che diventa un’ottima opportunità per qualcuno, ma una potenziale minaccia per il settore consolidato così colpito. Un leader Exo tiene gli occhi aperti sulle start-up: una strategia vincente in questo senso potrebbe essere quella di monitorare la nascita di nuove company innovative e portarle a bordo, acquisendole o partecipandole.
Ogni variazione sensibile oggi, può portare a grandi cambiamenti domani. L’abilità di riconoscere questi segnali e interpretarli al meglio per il proprio modello di business è una grande qualità richiesta ai “disruptive leaders”.
Se saper cogliere i segnali, più o meno evidenti, di qualunque genere e a qualunque livello dell’organizzazione, diventa una condizione necessaria alla sopravvivenza stessa dell’azienda è chiaro a tutti che questa abilità del disruptive leader non può essere accentrata attorno al CEO, o a qualche figura dirigenziale. Il lavoro di team si riconferma vincente. Il modello a cui tendere è quello della responsabilità distribuita, in una parola Olocrazia: dare fiducia e creare spazi di auto-organizzazione e collaborazione a forte valore decisionale, privilegiando velocità e capacità di adattamento ad ogni livello.
Create a sense of purpose: costruire una squadra di “leader di leader” orientata al successo
Un’azienda commitment-oriented dimostra di avere successo perché unisce le proprie persone attorno a un unico grande obiettivo (o Mtp – Massive Transformative Purpose, per tornare ancora una volta alle Organizzazioni Esponenziali).
Se tutte le tue persone sono coinvolte dal tuo stesso sogno, non avrai problemi a costruire una struttura di leader committed, che a loro volta faranno crescere le proprie risorse responsabilizzandole verso l’obiettivo, e così a cascata, lungo…
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E adesso sì che le qualità human di un buon leader tornano ad essere fondamentali (e del resto lo sono sempre state, come ben espresso in molti articoli che mi precedono). L’aspetto relazionale e le capacità comunicative del leader sono linfa vitale per una squadra vincente, soprattutto nell’era digitale, fatta di velocità, notifiche, chatbot e instant messaging.
Su cosa si deve concentrare un buon leader nell’era digitale? La mia attenzione ricade sempre più spesso su alcuni aspetti, caratteristiche umane e comportamentali, che ritengo essere vere competenze di un leader.
Motivare. Un leader deve attingere alle proprie capacità di scoperta per trovare il vero e profondo motivo che spinge all’azione. Cosa è davvero motivante per le mie persone? Quali forze interne ed esterne possono condurle all’obiettivo?
Dimostrare empatia. Saper riconoscere e anticipare i bisogni dei collaboratori, consente di ottenere il meglio da loro; questo presuppone una spiccata propensione all’ascolto e all’osservazione.
Attingere alla propria intelligenza emotiva. Riconoscere, utilizzare, comprendere e gestire in modo consapevole le proprie ed altrui emozioni per promuovere la crescita emotiva e intellettuale; accedere ai sentimenti oppure scatenarli, per far nascere pensieri … e quindi idee.